Il figlio irrompe nella coppia e vincola in maniera indelebile il legame genitoriale che si viene a costituire. Infatti, il legame genitore-figlio è per sempre: si può mettere fine a qualsiasi rapporto tranne che all’essere genitori. Il figlio, espressione concreta della progettualità di coppia, fa operare ai due partner un passaggio dalla diade alla triade, comportando una inevitabile modificazione e un importante riaggiustamento. Nel periodo della gravidanza i genitori sviluppano nella loro mente uno spazio per immaginare il bambino non ancora nato, per riflettere su di lui. Si sviluppano immagini, aspettative, sogni ad occhi aperti, paure, desideri che riguardano il ruolo di genitore, i rapporti con i familiari, l’allevamento. Con l’arrivo del bambino poi la coppia dovrà, almeno inizialmente, maturare un reciproco accomodamento in un vasto contesto di piccole abitudini apparentemente banali, ma vitali; piccole cose che formano un’invisibile rete di richieste che regolano molte situazioni di coppia. Il nuovo compito riguarda la condivisione e la negoziazione all’interno della nuova coppia delle modalità con cui accogliere e dare spazio al nuovo arrivato della famiglia.
Si tratta anche di iscrivere il neonato nella storia familiare. Ogni genitore poi dovrà poi fare i conti con il loro essere stati figli e quindi con i loro, spesso diversi, modelli di genitorialità che hanno conosciuto e interiorizzato.
L’obiettivo centrale della transizione alla genitorialità consiste nell’acquisire la capacità di prendersi cura in modo responsabile dei figli nati dall’unione (Erickson, 1982).
La cura responsabile è un compito genitoriale condiviso di madre e padre. Ma chi fa cosa?
Ogni coppia si organizza in modo spesso differente nell’educazione dei propri figli. Rispetto al passato, oggi i padri iniziano a voler essere molto più presenti nella crescita dei loro bambini anche nell’aspetto più empatico e affettivo. Le vecchie concezioni che facevano riferimento ad una separazione tra il ruolo materno con responsabilità nell’ambito affettivo e di accudimento, e il ruolo paterno con il compito più normativo e sociale, ora praticamente non esistono più. Nell’incontro con le coppie, di fronte ad una lista di compiti educativi, padri e madri hanno detto semplicemente “ad entrambi spetta di svolgere tutti questi ruoli.”
È fondamentale soffermarsi sull’importanza che al bambino sia assicurato allo stesso tempo affetto e norme educative per una crescita armonica.
La funzione paterna ha lo scopo, quindi, di mettere ordine nella relazione tra madre e figlio e di rappresentare la Legge all’interno della famiglia.
È importante sottolineare che non è il padre, in quanto maschio, ad avere obbligatoriamente la funzione paterna, soprattutto nella società di oggi, ma fondamentale è che qualcuno svolga questo compito all’interno della coppia. Oggi, infatti, assistiamo anche a padri che svolgono la funzione materna più accudente e madri la funzione paterna più normativa. È bene ricordare infatti che anche “mancando il padre, chiunque agisca come Legge in una relazione può svolgere la sua funzione (Senin, 1997)”.
Nell’epoca contemporanea, dove spesso assistiamo ad un “impallidirsi” della funzione paterna (regolamentativa) la conseguenza è quella di una società del tutto permissiva in cui i limiti di tolleranza sono aumentati ed il modello educativo ormai diffuso pare essere il permissivismo (Giani Gallino, 2000). Si parla, infatti, di una “società senza padri” in cui il padre ha perso la sua autorità significatività sociale e in cui ogni forma di piacere non è regolato e limitato.
Il padre, tuttavia, come maschio all’interno della coppia ha un ruolo fondamentale e solo suo nel promuovere l’identificazione del ragazzo nel modello maschile e il riconoscimento nella ragazza della propria femminilità.
In conclusione è bene dare valore alla coppia genitoriale, intesa come unione di due ruoli specifici, portatori di modelli distinti e funzionali entrambi a uno sviluppo completo e sano dei figli.