Al termine Parkinson vengono comunemente associati i due volti celebri dell’attore Michael J. Fox, protagonista del cult movie “Ritorno al Futuro” e di Papa Wojtyla, i quali con la loro immagine pubblica e la loro eco mediatica hanno fatto conoscere al mondo i segni di questa malattia invalidante. Eppure, nonostante i due testimonial “d’eccezione” di Parkinson si sa poco. Per esempio, non si sa che i malati di Parkinson, solo in Italia, sono 230.000 e che oggi, grazie alla ricerca medica, è possibile convivere con questa patologia.

Che cosa è il Parkinson
Il Parkinson è una patologia neurodegenerativa, ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge principalmente il controllo dei movimenti e dell’equilibrio. Le persone colpite presentano principalmente tremore, sensazione di rigidità muscolare e lentezza nei movimenti. L’ingresso di questa malattia nella vita di una persona è totalizzante, interviene a modificare in modo progressivo ruoli e abitudini all’interno della vita familiare, sociale e professionale. Ecco perché diventano fondamentali non solo una diagnosi tempestiva, ma anche una corretta terapia farmacologica associata ad un adeguato sostegno psicologico.

Shock da diagnosi
La comunicazione di una diagnosi di malattia ha le caratteristiche di uno shock da trauma, causa nella persona stress emotivo e disagio psichico. Il paziente si percepisce come unità inviolabile ed in generale si ritiene come fosse invulnerabile. L’impatto con la malattia è la violazione di questa fantasia di perfetta integrità-invincibilità e impone il passaggio dall’essere “sani” all’essere “malati” (situazione di incertezza, minaccia di vita, cambiamenti di ruolo). La reazione psicologica è simile al processo di elaborazione del lutto per la perdita di molti aspetti della rappresentazione di sé precedenti alla malattia.

Le reazioni più comuni
Le reazioni psicologiche più frequenti sono rappresentate da depressione, ansia e attacchi di panico. Si manifestano maggiormente nelle fasi iniziali e avanzate della malattia ma, in alcuni casi, la depressione può anche precedere la comparsa dei sintomi motori. Il vissuto viene spesso raccontato dai pazienti come “la convivenza con uno sgradevole inquilino con cui ci si trova costretti a vivere”. Improvvisamente, la persona deve imparare a fare i conti quotidianamente con le fluttuazioni motorie, gli effetti di fine dose dei farmaci e con quelle giornate in cui la malattia è capace di provocare una stanchezza ed una spossatezza tali da ostacolare qualsiasi attività programmata. Per fronteggiare una situazione così stressante l’individuo ricorre alle proprie difese psicologiche che, sebbene utili per gestire l’angoscia in una fase iniziale, se non adattate durante il percorso di malattia, possono rivelarsi disfunzionali nel lungo periodo. Pensiamo, per esempio, a chi reagisce spostando il focus dell’attenzione totalmente sul suo ‘stato di malato’ trascurando progressivamente i suoi interessi precedenti, o chi all’esatto opposto, continua a condurre la sua vita ignorando la diagnosi e nascondendo i sintomi agli altri. E’ evidente che, con il passare del tempo, entrambi i comportamenti, potrebbero avere ripercussioni importanti sulla qualità di vita della persona e sulla gestione globale della malattia.

A che età viene diagnosticato
La malattia colpisce ad un’età media di 55 anni. È più comune sopra i 60 anni, ma un crescente numero di casi definiti di ‘Parkinson giovanile’ vengono diagnosticati anche intorno ai 40 anni o al di sotto. Sebbene le manifestazioni cliniche siano le medesime nelle varie fasce di età, le persone più giovani si trovano a fronteggiare problemi differenti, in quanto convivendo con la malattia più precocemente e per un periodo di tempo più lungo, devono confrontarsi con i problemi legati alla gestione finanziaria, alle responsabilità familiari ed alle ripercussioni sulla loro vita professionale e relazionale.

Le cure
Le terapie ad oggi non sono risolutive, ma permettono nella maggior parte dei casi una buona gestione dei sintomi motori. La cura è stata per lungo tempo esclusivamente incentrata sul trattamento farmacologico, trascurando gli aspetti psichici correlati alla malattia. Solo recentemente, grazie al miglioramento delle terapie antiparkinson e ad una visione della cura sempre più centrata sulla persona, si è cominciato a dare più attenzione a quelle che sono le risposte psicologiche rispetto ad un evento così stressante come ricevere una diagnosi di malattia a carattere progressivo. I dati scientifici evidenziano che le problematiche psicologiche sono presenti in modo considerevole nei pazienti con malattia di Parkinson e, se non diagnosticate e adeguatamente trattate, possono avere importanti ricadute sia sul funzionamento cognitivo, sia sulla qualità della vita della persona.

Parola d’ordine: farsi aiutare
In virtù di quanto descritto è di primaria importanza promuovere interventi sulla persona che tengano conto non solo dei cambiamenti che si presentano a livello motorio ma che includano nel percorso di cura anche le problematiche che interessano la sfera psichica. A tal proposito risulta necessario proporre percorsi psicologici individuali e di gruppo mirati alla consulenza, al sostegno e alla terapia della sofferenza psichica correlata a questo articolato percorso di malattia.

Interventi psicologici
La consulenza di uno psicologo può essere utile nelle fasi iniziali della malattia quando la persona deve far fronte alla diagnosi ed ai relativi cambiamenti nella vita personale, o nelle fasi successive, qualora la persona presenti difficoltà di adattamento ai cambiamenti imposti dalla malattia. L’intervento prevede un ciclo di incontri volti a supportare la persona nel riacquistare benessere ed equilibrio emotivo, elaborare prospettive chiare per il futuro, promuovere l’adattamento a situazioni non abituali ed il mantenimento di una qualità di vita adeguata alla situazione.

Supporto psicologico e orientamento ai familiari
La convivenza con la malattia di Parkinson richiede anche alla famiglia una capacità di adattamento continua in relazione all’evoluzione della malattia. Una corretta informazione sulle caratteristiche della patologia unitamente al supporto psicologico rivestono grande importanza per una buona gestione della malattia all’interno della coppia e della famiglia.

Associazioni di pazienti
Rappresentano una realtà presente sul territorio e costituiscono un supporto concreto per pazienti e familiari dal punto di vista informativo e psicosociale. Offrono, inoltre, uno spazio ‘protetto’ di confronto e condivisione dei vissuti e delle strategie per affrontare la malattia.
Per maggiori informazioni sulle attività promosse dalle Associazioni consulta: www.parkinson-lombardia.it/, www.parkinsongiovani.com